Maria, sinfonia dell’amore

Tra i tanti titoli dati alla Madre di Dio, questa sera riecheggia anche quello di “Sinfonia dell’amore”. Un titolo tutto musicale che rimanda a un Dio che si è divertito ad essere il compositore di una grande e sublime opera intitolata: “Maria”.
Il popolo d’Israele è sempre stato un popolo di cantori. Il libro sacro che racchiude la sua storia di luci e di ombre è filtrato da un canto continuato.
Ora sono le gesta di Dio, condottiero sublime e fedele del Suo popolo, ora è la narrazione di eroismi, di avventure, di drammi, ora la bellezza del creato e di tutta la sua armonia. E in tutti i momenti ecco levarsi il canto di lode, di benedizione, di ringraziamento, di invocazione, di pentimento, di supplica, di augurio. Col canto si formavano le coscienze e si educava la volontà e l’intelligenza.
Anche Maria cantava, come tutte le ragazze di Israele, e la sua voce dava fremiti di profonda emozione per chi poteva ascoltarla.
Il canto più bello di Lei che noi conserviamo, l’ha ascoltato Elisabetta. Maria si era recata a portare il suo aiuto all’anziana cugina vicina ad essere madre. E nell’incontro di quella visitazione, Maria cantò il suo Magnificat, cantico di amore e di speranza, di lode e di riconoscenza, intriso di profonda umiltà e di acuto sentimento profetico.
Il canto nasce sempre da un cuore pieno di sentimenti da esprimere, e la voce umana è il mezzo più perfetto che può dare il palpito e la vibrazione che nessun altro strumento può riuscire ad esprimere.
Ma la Madonna ha cantato nella gioia della sua carità. Chi non conosce il palpito della carità, come può sentire l’esigenza del canto? Chi vive avviluppato nel suo egoismo, quale vibrazione può provare?
I Cristiani sono le creature che dovrebbero sempre cantare. A loro è stato dato come segno distintivo l’amore “Vi riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete!”. Nulla come l’amore muove l’anima al canto.
Quello che Maria ha iniziato non è che un preludio. Aveva appena ricevuto l’annuncio, il Verbo in Lei si era fatto carne e Lei era divenuta strumento di carità concreta. Ecco il perchè di questo preludio, di un canto, al quale deve far seguito ogni cristiano che crede e perciò pratica l’amore e la carità che lo legano a Cristo, al Suo volto nascosto, ma presente in ogni fratello.

“Chi e questa donna che ha polarizzato l’attenzione degli artisti di ogni tempo? Un mito? Un archetipo? Un simbolo? Una figura storica? E’ una figura storica che, per la concentrazione di bellezza e di significato che si realizza nella sua persona, assurge a simbolo, mito e archetipo”1.

“Maria, Madre di Gesù, racchiude in sé il mistero dell’Incarnazione, richiama nella sua vita la potenza di Dio, lo stupore delle sue opere: Maria è la bellezza di Dio, nella sua maternità, figlia del suo Figlio, “bellezza, che letizia era ne li occhi a tutti li altri santi”2 , così come Dante, gli artisti, tutti i musicisti la contemplano, la pregano, la venerano”3.
“Maria è l’alba della redenzione, realizzata da Cristo, suo figlio. E’ nella storia, ma avvolta di eternità; è la creatura nella quale l’immagine del Creatore si riflette in una chiarezza unica. E’ naturale pertanto che su di lei si polarizzi l’attenzione, l’ammirazione e la venerazione di quanti sono particolarmente sensibili alla bellezza e al richiamo dall’Alto. Cioè degli artisti. E in realta, Maria è la terra privilegiata della pittura, della scultura, della musica e della letteratura”4.

“Tutte le generazioni mi chiameranno beata” Lc 1,48: una previsione, quella di Maria, che ha avuto un evidente riscontro soprattutto in ambito musicale.
Per quale motivo tra Maria e la musica c’è questo forte legame e c’è stato tanto interesse da parte dei musicisti?
“il motivo…sta nel fatto che sia la musica, come arte delle arti, sia Maria, capolavoro della creazione, sono due valori talmente grandi che si richiamano, si accomunano e vicendevolmente si alimentano e si arricchiscono senza mai esaurirsi”5.
Anche le narrazioni evangeliche sottolineano che la Chiesa canta e accompagna Maria e la sua vita con il canto. “Appena Maria si rende conto di essere diventata la madre del Salvatore, canta il Magnificat. Cantano il “gloria” gli angeli di Betlemme. Canta Simeone quando stringe tra le sue braccia il Bambino tanto attesa. Gesù canterà più volte i salmi: quel Gesù chiamato nel Medioevo “Summus musicus”. Canteranno gli apostoli come ci testimonia l’evangelista Matteo (26,39)”6.

Quali occasioni la Chiesa ci offre per cantare la Madre di Dio? E cosa ci fa cantare?
“Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la Santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira il frutto più eccelso della redenzione e contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere”. Così si esprime la Costituzione “Sacrosanctum Concilium” sulla Liturgia del Concilio Vaticano II al numero 103.

Maria modello e profezia della Chiesa. Dai Padri dei primi secoli ai pastori di oggi sempre viva è questa visione di Maria la quale, “congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio”, diviene modello e profezia della Chiesa.
Modello e profezia della Chiesa innanzitutto perché ella è il punto di arrivo, il culmine del cammino della storia e delle attese dei profeti. Nello stesso tempo ella è profezia di ciò che noi speriamo e desideriamo essere, e quindi diviene il modello per questo nostro cammino.
Da qui nasce una stretta congiunzione tra Maria e la Chiesa così che gli attributi che veneriamo nella prima passano spontaneamente alla seconda. Ne è testimonianza la ricchezza della nostra Liturgia nelle sue espressioni. Ne è testimonianza tutta l’arte sacra nelle sue simbologie. Guardando a Maria e pregando Maria noi guardiamo anche alla Chiesa, preghiamo la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa. Perché noi siamo chiamati (e lo vogliamo con tutto il nostro cuore) ad essere ciò che Maria è, in profezia e modello.
La preghiera a Maria, tanto spesso cantata, nella nostra giornata, nella nostra settimana, nell’anno, nella vita accompagna questa nostra esistenza come cammino pasquale incontro al Figlio.

Nella vita (nella Liturgia e nella Devozione)
Dalla Nascita alla Morte, dal Battesimo al Transito. Molte devozioni ci accompagnano dalla Nascita alla Morte… Penso alla catenina che alcune mamme ci regalano il giorno del battesimo, la consacrazione a Maria, il quadretto di Maria appeso nella nostra cameretta…. Un segno fondamentale è quel suono di campane che chiamiamo Ave Maria. Maria è con noi dalla nascita alla morte, e in questo cammino la sua costante materna presenza non ha altro scopo che quello di portarci al suo Figlio.

Canto: Odo suonar la squilla

Odo suonar la squilla della sera
che dolcemente invita alla preghiera
per rallegrar il cuor e l’alma mia.
Ave Maria, Ave Maria!

All’appressar dell’ultima mia sera
fa’ che ridire possa la preghiera
ch’è tanto dolce al cuor e all’alma mia.
Ave Maria, Ave Maria!

Nel canto devozionale “Odo suonare”, la squilla è la campana della sera. Nella seconda strofa c’è una bella metafora che ci aiuta a vivere la sera del giorno come figura e preparazione alla sera della vita. Questo canto è una testimonianza di come nella semplicità della devozione popolare sia molto radicato il percepire la vita come un cammino pasquale e il cantare a Maria come alla nostra compagna materna e fedele in questo cammino.
Non dobbiamo guardare con sufficienza a questo repertorio devozionale. L’altissima percentuale di canti sacri popolari, tradizionali, dedicata alla Madonna è la prova di questo fascino popolare. Anonimi e compositori illustri ci hanno lasciato autentici gioielli di ispirazione, di arte e di fede troppo facilmente accantonati e dimenticati ingiustamente.
Uno dei problemi per la (ri)utilizzazione di questi canti tradizionali, può essere costituito dai testi ormai superati, datati, più nel linguaggio che nei contenuti: ma ciò non giustifica del tutto la frettolosa “liquida-zione” e la beata dimenticanza di canti che sono comunque un patrimonio non solo da non perdere, ma da recuperare e da riscoprire. Con lo stesso criterio, non dovremmo più utilizzare poesie del passato, anche recente, vista la veloce evoluzione della lingua viva.
In un’analisi serena, mettendo a confronto la cantabilità (dovuta all’ispirazione e alla “quadratura” del pezzo, allo sviluppo melodico e alla fusione musica-testo) di canti mariani tradizionali e nuovi, questi ultimi in genere ne escono veramente male, per quell’andamento asettico e anchilosato o disinvolto e festaiolo, mascherato con sincopi e cromatismi puntualmente “aggiustati” o eliminati dall’esecuzione popolare.
Se passiamo al confronto del linguaggio e dei contenuti, certamente i canti mariani tradizionali mostrano le “rughe” del tempo; ma, anche qui, evitiamo la superficialità: non tutti sono costruiti su “sole e luna, stelle e fiori, cuore e amore”. In fondo, basta scorrere l’indice del Lezionario mariano per riscoprire tematiche già presenti nei “vecchi” canti.  Alcuni esempi: “Maria Vergine aiuto dei cristiani” (vedi canti a Maria Ausiliatrice), “Maria Vergine presso la croce del Signore” (Stabat Mater — Stava Maria dolente), “Maria Vergine madre della consolazione” (O Maria consolatrice), “Maria Vergine della santa speranza” (O bella mia speranza), “Maria Vergine madre e mediatrice di grazia” (Madre per le tue grazie, Mira il tuo popolo) “Santo Nome di Maria” (Nome dolcissimo), “Maria Vergine regina degli Apostoli, della pace, dell’universo, di misericordia” (Andrò a vederla un dì, O del cielo gran regina, Dal tuo celeste trono, Lodate Maria, O regina della pace), “Maria Vergine serva del Signore” (Lieta armonia), “Cuore immacolato della Beata Vergine Maria” (Cuor di Maria, Immacolata, Ti salutiamo o Vergine). Generazioni intere di cristiani hanno pregato (e pregano ancora) con questo repertorio, nel quale ricordiamo anche Dell’aurora tu sorgi più bella, Noi vogliam Dio, Vergin Santa,  E’ l’ora che pia, Il tredici maggio, Mille volte benedetta.
E’ facile affibbiare etichette di devozionalismo; più difficile evangelizzare la musica sacra popolare scegliendo, purificando e, soprattutto, seminando per il futuro, mettendo in cantiere cioè nuovi canti mariani in cui il popolo possa riconoscersi e pregare. Impresa e missione non facile, visto che di canti mariani veramente popolari negli ultimi quarant’anni se ne contano sulle dita di una mano: Giovane Donna, Alla Madonna di Czestochowa (Madonna Nera), Santa Maria del cammino, Madre, io vorrei, il Magnificat di Taizè e di Lourdes, Alla Regina della pace (Medjugorje)… Queste ultime citazioni ci confermano il ruolo straordinario dei Santuari  nella proposta e nella diffusione di canti sacri popolari, in parallelo (o in alternativa) a un produzione spesso più attenta alla novità che alla qualità e alla fruibilità.
I canti tradizionali mariani non trasmettono nebulosità e pessimismo,  ma luminosità, certezza, speranza, in una parola gioia. Ed è la gioia di Maria, “cosi evidente nel Magnificat”, ma che non deriva dal suo temperamento ma da un’esperienza spirituale. Non è Maria che è gioiosa, è la sua fede… Maria garantisce la possibilità di una religione felice, che viene dalla meraviglia per ciò che la mano di Dio compie nelle nostre vite: riempie di gemme la primavera, di vino le giare di pietra, nel primo annuncio della luce le nostre albe ricche di tenebra. Il Vangelo di Maria, la povera, è che Dio attraversa i cieli, non porta ricchezza ma canto e vita, e si ripropone, autorizzato dal fatto che parla il linguaggio della gioia.
A noi, ammantati di gravità e pesantezza, Maria ricorda che la fede è gioiosa o non è. Serietà, tensione, urgenza, rischio sono nulla senza gioia. Ancora una volta, dunque, il canto sacro popolare diventa preziosa verifica di ciò che la nostra gente crede e sente a livello di fede. Ed ogni animatore pastorale dovrebbe ricordare, forse più spesso, che un popolo canta una Madre perchè desidera, a volte disperatamente, incontrare suo Figlio e, in Lui, la salvezza.

Nel giorno (nella Liturgia e nella Devozione)

L’Ave Maria – la campana del mattino/mezzogiorno (Angelus- Regina Coeli) / sera.
Magnificat – all’ora del Vespro
Antifona – dopo compieta (o la termine delle celebrazioni)

L’Ave Maria – L’Angelus. Abbiamo considerato la squilla della sera e la squilla del mattino. Eccoci allora alla campana del mezzogiorno, la campana dell’Angelus, così amata e raccomandata nella civiltà contadina. Al suono dell’Angelus il contadino si fermava dal lavoro nei campi e ritto in piedi si segnava col segno della croce e poi cominciava: Angelus Domini nuntiavit Mariae…

Il Magnificat. La stessa Liturgia ci aiuta a scandire la giornata con Maria. Oltre all’Ave Maria, pensiamo al Magnificat, il cantico che innalziamo ogni giorno ai Vespri. Il Magnificat diventa il canto di rendimento di grazie nell’ora della sera, nell’ora in cui il sole volge al tramonto.

Le antifone mariane

Le antifone mariane occupano un posto privilegiato tra le invocazioni, gli inni e i canti che la liturgia o la devozione popolare hanno rivolto lungo i secoli a Maria. Nel canto latino, l’antifona è un canto liturgico con un testo in prosa, relativamente breve, cantato collegato a un salmo. Le antifone mariane, quasi sempre cantate in gregoriano, concludevano la Liturgia delle Ore, in particolare la Compieta. Sono piccoli gioielli per l’essenzialità e la ricchezza dei testi e per la bellezza della musica. Questo canto finale alla Vergine, spesso invocata come Regina, introduceva una tonalità femminile e materna in una liturgia dal volto austero. L’abbandono del canto gregoriano e la diffusione di un nuovo repertorio di canti mariani, hanno contribuito all’ecclisse delle antifone mariane.
Perchè non recuperarle, non solo all’interno della Liturgia delle Ore, ma anche come canti per la Celebrazione Eucaristica?

Presentandovi queste antifone, vorrei riproporre all’attenzione degli amanti e cultori della liturgia e alla devozione del popolo cristiano queste invocazioni che, proprio perchè antiche, sono particolarmente adatte ed efficaci  (dal punto di vista testuale e musicale ) a nutrire la preghiera e il canto delle donne e degli uomini del nostro tempo.
Le cosiddette Antifone Mariane maggiori, Alma Redemptoris Mater, Ave Regina Coelorum, Regina Coeli, Salve Regina, originariamente vennero cantate in collegamento ai salmi, ma divennero canti indipendenti dal 1239, quando Papa Gregorio IX (1241) ordinò che una di loro, a seconda del periodo liturgico, fosse cantata al termine dell’Ufficio, in particolar modo, a conclusione della Compieta.
Nell’attuale breviario vengono riportate dette antifone senza alcun riferimento liturgico, fatta eccezione per il Regina Coeli, indicato per il Tempo Pasquale. Nel Breviario di Pio V, consuetudine che può felicemente essere attuata tutt’oggi, viene assegnata una precisa destinazione di queste quattro antifone dette maggiori in riferimento ai tempi liturgici.
Infatti nell’Anno Mariano 1987- 1988, una lettera della Congregazione per il culto divino, suggerì di concludere, durante l’anno mariano, l’assemblea domenicale con un canto rivolto alla Madre del Signore, con riferimento al tempo liturgico. La proposta venne esemplificata indicando le classiche antifone mariane, secondo i vari tempi liturgici, così come nel Breviario di Pio V.

Alma Redemptoris Mater    Tempo di Avvento e Tempo di Natale

Ave Regina Coelorum   Tempo di Quaresima

Regina Coeli  Tempo di Pasqua

Salve Regina  Tempo Ordinario

Nel repertorio gregoriano troviamo due melodie per le quattro Antifone Maggiori. Una, solenne, è antica, adatta per essere cantata solo da cantori specializzati; l’altra, più semplice, adatta ad essere cantata da tutta l’assemblea, è molto più recente.
Questa sera desidero porre la vostra attenzione, come già precedentemente annunciato, su questi quattro brani.
Ma occorre precisare che l’elenco dei canti in lingua latina, rivestiti di melodie gregoriane, dedicati alla Vergine Maria, è abbastanza esteso: fra tutti cito, come esempio: Ave Maris Stella, Sub Tuum Praesidium, Tota Pulchra, Inviolata, Virgo parens Christi, ecc.

Per analizzarli tutti non basterebbe un solo convegno totalmente dedicato allo scopo.

ALMA REDEMPTORIS MATER
Soprattutto cantata in tempo di Avvento, questa preghiera esprime la meraviglia davanti alla concezione del Figlio di Dio. Maria, una semplice creatura genera il Creatore. Lo stupore diventa ammirazione con l’uso di simboli poetici che erano popolari nel XII secolo: “porta del cielo”, “stella del mare”. Maria appare come un cammino e una guida sicura per andare incontro a suo Figlio, Redentore del mondo. Notevole è perciò il valore teologico della preghiera: si esalta la divina maternità di Maria, la cooperazione aIa redenzione, la potenza mediatrice, la perpetua verginità.

La musica gregoriana
Ermanno Contratto (1013-1054), monaco del monastero di Reichenau (Costanza), è il probabile autore del testo di questa antifona. La melodia solenne, qui presentata, si trova già in molti manoscritti del XII secolo, ma il suo andamento non lineare, con i suoi grandi salti di tono, evidenzia l’aspetto magniloquente di questa antifona. La forma semplice è attribuita a dom Fonteinne (1804-1891), cantore di Solesmes, ed è caratterizzata dalla riduzione quasi sillabica del tono solenne.

AVE REGINA CAELORUM
Composta di due quartine, l’antifona celebra la celeste regalità di Maria e la sua incomparabile bellezza interiore e, nello stesso tempo, sottolinea la parte che essa ha svolto nell’opera della redenzione. Si distingue per il suo carattere contemplativo e laudativo di Maria, vivente nella gloria celeste, sovrana degli spiriti angelici. Motivo è la sua maternità divina appena accennata: radice, porta da cui è sorta la luce per il mondo. Di qui le gioiose parole di saluto come un battimani: ave, ave, salve, vale. Infine, dopo il saluto una rispettosa e fiduciosa implorazione: «Prega per noi Cristo Signore». Il testo, risalente al XIII secolo, si trova in un manoscritto della festa dell’Assunzione, per l’ora di Sesta.

La musica gregoriana
Il tema dell’Ave Regina caelorum e la sua espressione musicale risalgono al XII secolo. Essi sono di una squisita freschezza, accentuata dalla seconda frase per la modulazione dal modo VIII al VI. La gravità del primo saluto si cambia così in una leggerezza quasi aerea, in cui gli slanci gioiosi del Salve, Gaude, Vale si alternano con graziose ricadute piene di ammirazione filiale.

REGINA COELI
È un canto propriamente pasquale, usato come antifona fin dal XII secolo nella basilica di San Pietro per i Vespri di Pasqua. Nei quattro versetti, intercalati dall’Alleluia che serve da ritornello, si inneggia a Maria associata al trionfo della risurrezione per cui è diventata regina del cielo, interceditrice universale. Dalla lode gioiosa a Maria costituita regina celeste il pensiero corre al vero motivo, la risurrezione del Figlio, apertamente confessata, e si trasforma in supplica: prega per noi.

La musica gregoriana
L’antifona Regina coeli è attribuita a Gregorio V (996-998). Si canta nel tempo pasquale. Ci si rallegra con la Vergine per il trionfo del suo Figlio sulla morte con una melodia i cui neumi sfarzosi si avvolgono in gioiosi festoni e traducono la gioia pasquale con il loro movimento, la loro leggerezza e anche con il loro entusiasmo.

SALVE REGINA
È la più celebre delle antifone mariane che ha sempre goduto di larga popolarità fra i cristiani, nonostante la tristezza che esprime nella sua invocazione centrale. Ma la melodia gregoriana, antica quanto la preghiera, così bella e carica di speranza, ha contribuito certamente alla sua diffusione come ultimo canto della sera in numerose comunità. Questa preghiera è ritenuta un piccolo gioiello letterario e religioso per l’originalità ritmica, lo slancio dei sentimenti e la supplica piena di fiducia: si noti la serie dei titoli e degli aggettivi indirizzati a Maria. Anche se l’emotività sembra prevalere sui contenuti di fede, Maria appare come colei che «mostra» Gesù, il Figlio del suo grembo.

La musica gregoriana
La celebre antifona, ritenuta opera di Ademaro di Monteil, vescovo di Puy-en-Velay (1087-1098), ha conosciuto molto presto un grande successo per la sua gravità bella e raccolta, con l’ardore intenso della sua supplica e con il suo tono così profondamente umano, perfettamente tradotti dalla sua melodia dolce e solenne, cullata dal bilanciamento dei numerosi neumi ternari. Dopo gli accenti tristi di «gementes et flentes», si conclude con lo slancio di confidenza filiale delle tre suppliche finali, «O clemens, o pia, o dulcis», sempre più serrate verso la Vergine Madre.
Se si provasse a raccogliere tutti i canti liturgici, i brani musicali di musica sacra e profana dedicati alla Madre di Dio, si rischierebbe di perdersi in un materiale immenso. La tradizione musicale ha sempre riservato per la Madre di Dio i testi e le melodie più belle. I poeti cristiani e i musicisti di ogni epoca, hanno fatto a gara per esprimere nella maniera più dolce ed ispirata la bellezza della Vergine Maria e i doni di grazia che il Signore ha riversato su di Lei.
Accanto a pagine di autentica bellezza letteraria e musicale ce ne sono altre mediocri, ma tutte dimostrano che Maria è una inesauribile fonte d’ispirazione per l’arte musicale e letteraria.
Dalle numerose raccolte di canti per la liturgia che ho avuto modo i prendere in esame, è emerso che la produzione di canti mariani è la più prolifica. Le tematiche poi sono le più svariate: si parte dalla supplica del semplice e la supplica della Chiesa intera, all’elenco delle doti e qualità di Maria; dalla narrazione delle vicende che hanno intrecciato la sua vita a quella del Figlio, alla partecipazione emotiva di noi credenti nel tentativo di rendere la Vergine la nostra compagna di viaggio.
Cantare a Maria, vuol dire pregare con lei, vuol dire chiedere a lei di sostenerci ed affiancarci nel cammino faticoso alla ricerca della Fede e del suo figlio Gesù.
Maria ispira tenerezza, dolcezza, ci sentiamo protetti ed amati al suo cospetto. Il canto, la preghiera rivolti alla Madonna, ci sembrano anche più facili, lei donna tra le donne, mamma tra le mamme sembra ascoltarci da vicino, sembra viva e presente in mezzo a noi. I testi dei canti Mariani ci fanno rivivere la sua vita, le sue sofferenze, la sua gioia e la sua certezza nella resurrezione.
“Maria, musica di Dio” è il titolo di un canto messicano in cui si chiede alla Vergine di accordare i nostri cuori perché, insieme a Lei, possiamo diventare anche noi musica di Dio. È un programma di vita.
Così è stata a Nazareth la musica di Maria nel concerto di Dio. Noi pure, come lei, vogliamo lasciarci “accordare”, nella certezza che il Signore fa vibrare anche le nostre corde perché la sua musica risuoni in tanti cuori che ancora non lo conoscono. Sarà il nostro Magnificat cantato assieme a quello di Maria.

Relatore: M° Giovanni Aprea, venerdì 21 febbraio 2014
Convegno Mariano “ Maria, pellegrina della fede nella gioia”
presso la Basilica – Santuario “S. Maria della Neve” in Napoli – Ponticelli
20 e 21 febbraio 2014

  1. Ferdinando Castelli, Testi mariani del secondo millennio, poesia e prosa letteraria vol VIII, Ed. Città Nuova, Roma, 2002, p. 19 []
  2. Paradiso, canto XXXI, La Divina Commedia, vv. 134-135 []
  3. Paul Poupard, I Cantori di Maria: l’ispirazione mariana nella musica, Ed. Città Nuova, Roma, 2002 []
  4. Castelli, p.20 []
  5. Angelo Gila in Poupard, p. 13 []
  6. Gila, p. 15 []